Comuni senza personale: la proposta è un concorso unico

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La Regione chiede ai Comuni di comunicare, entro fine mese, l’adesione a un possibile concorso unico per l’assunzione di personale. Un bando valido per tutti i Municipi del Friuli Venezia Giulia, scritto e gestito direttamente dall’amministrazione regionale, in modo tale da facilitare il reclutamento dei dipendenti, specialmente nelle realtà più piccole, e contrastare quel fenomeno che l’assessore Pierpaolo Roberti alla Autonomie locali definisce «il turismo dei concorsi».

E in questo senso da Trieste è già stata inviata ai sindaci un’apposita lettera con cui, appunto, si chiede ai Comuni di accettare o meno la proposta della Regione e in caso di risposta positiva indicare anche il numero di unità di personale necessario di categoria C: quello da cui partirà la sperimentazione.

Le stime dell’Anci del Friuli Venezia Giulia sostengono come, nel territorio regionale, manchi almeno il 30% del personale nei vari municipi. Nelle comunità più piccole, cioè con meno di 3 mila abitanti, la percentuale supera la metà della pianta organica ideale e ci sono i casi limite dove si arriva fino alla totale assenza di dipendenti. Manca un po’ di tutto – dai segretari comunali, ai tecnici, per arrivare ai ragionieri – e molti sindaci, per garantire i servizi ai cittadini, sono addirittura costretti a tenere aperti personalmente l’ufficio anagrafe oppure a rinviare l’approvazione dei bilanci. Pochi dipendenti non sono un problema banale perché, ad esempio, in mancanza del ragioniere è impossibile legalmente approvare il consuntivo e senza il personale tecnico non si realizzano le opere pubbliche. A tutto questo, poi, si somma quello che, come detto, Roberti definisce il «turismo dei concorsi». Le stesse persone, cioè, partecipano a più bandi, ma in Comuni diversi, per lo stesso tipo di lavoro. Capita molte volte che li vincano entrambi, pur in tempi diversi, con la conseguenza che restano pochi mesi nel primo Municipio per trasferirsi, poi, nel secondo, magari più vicino a casa. La legge, però, obbliga il Comune “di partenza” a mantenere il posto di lavoro vacante per almeno sei mesi – nel caso in cui il dipendente cambi idea – avviando così un vero e proprio cortocircuito del sistema per le amministrazioni.

Roberti, nel cercare di venire incontro alle necessità dei Comuni, si muove in un campo delicato che ai diritti costituzionali delle persone (non si può ovviamente impedire a nessuno di partecipare contemporaneamente a più concorsi) miscela l’impronta politica che il centrodestra ha impresso in questa legislatura nei rapporti con gli enti locali: volontarietà e nessun obbligo. Dall’assessorato agli enti locali, in altre parole, nei giorni scorsi è stata inviata una lettera a tutti i Comuni chiedendo e non imponendo – entro il 31 maggio – di rispondere «qualora siano interessati al convenzionamento con la Regione» e di indicare «in modo irrevocabile il numero dei posti» richiesti per «posizioni di categoria C» intese nel profilo professionale di assistente amministrativo-economico. «La Regione è comunque intenzionata – ha spiegato ancora l’assessore – a bandire un proprio concorso, destinato a posizioni di categoria C, tra settembre e ottobre per rispondere alle proprie necessità di assunzioni. Adesso abbiamo deciso di compiere un passo in avanti in più e diciamo ai Comuni che siamo a disposizione per arrivare a un bando unico che avrebbe l’indubbio vantaggio, ma soltanto in caso di adesioni di massa, di risolvere una buona parte dei problemi registrati in particolare dopo lo sblocco dei concorsi in seguito alla fine della fase più acuta della pandemia».

La richiesta ai Comuni è vincolante perché, come accennato, la giunta si muove comunque in un terreno non semplice, specialmente a un anno dalle elezioni Regionali. L’ok da parte delle amministrazioni comunali a un concorso unico gestito direttamente da Trieste e uguale per tutti significa, infatti, la perdita di un pezzetto di potestà e di autonomia da parte dei sindaci. Una scelta che non viene quasi mai presa a cuor leggero come dimostrano – pur non potendo paragonarne l’impatto sulla vita dei municipi – le forti resistenze all’epoca delle Uti sull’obbligatorietà di funzioni da gestire in forma associata. E la realtà spiega che già nel 2019 la Regione ha provato a percorrere una via di questo genere – relativa alla categoria D – ricevendo ben poche adesioni poi, peraltro, pure ritirate una volta che i rispettivi primi cittadini hanno capito che non sarebbero stati seguiti dalla maggior parte dei colleghi. «Ho sollevato proprio questo caso – conclude Roberti – in sede di Anci e mi è stato assicurato che la situazione è cambiata perché sempre più Comuni fanno fatica a trovare dipendenti. Mi auguro che le adesioni, questa volta, siano in numero adeguato, altrimenti saremo costretti a rinunciare a un progetto che ritengo molto valido». Resta da capire, in caso di esito positivo della raccolta di adesioni, come si svilupperebbe il concorso unico regionale. L’opzione più concreta, almeno al momento, è quella di imitare quanto accade nei test per l’ingresso alle facoltà specialistiche di Medicina. All’atto dell’iscrizione, cioè, ogni candidato troverebbe i Comuni con l’elenco dei posti liberi e sarebbe chiamato a presentare le proprie preferenze di assegnazione. In base alla graduatoria del concorso, quindi, si procederebbe all’assunzione nel Comune prescelto dal primo classificato fino all’esaurimento dei posti messi a disposizione dall’amministrazione regionale in nome dei municipi aderenti al concorso.

Fonte: Il Messaggero Veneto